Intelligenza artificiale, oltre l’economia

di Vincenzo Rigamo

Financial controller e Alumno ISTAO 2003-2004

Nel discutere di Intelligenza artificiale mi è stato obiettato: “Diciamoci la verità è un grande business”. Certo che lo è. La tecnologia intelligente non è solo un grande business ma molto di più; rappresenta il mezzo attraverso il quale sarà gestito il mondo e verrà ad essere regolamentata la vita dei gruppi sociali, dai più ai meno ampi, e perfino la sfera personale e più intima delle persone. L’IA sarà l’orologio che definirà il tempo e lo spazio della nostra esistenza proiettandoci verso una nuova dimensione; non è ancora dato sapere con certezza quale forma avrà la nuova dimensione e se il contesto del nuovo mondo sarà migliore o peggiore dei precedenti. La realtà è in rapida e caotica evoluzione; gli spazi, i tempi e i ritmi della nostra vita lavorativa e quotidiana stanno cambiando così come è in trasformazione il nostro modo di vivere la casa e tutti gli ambienti antropizzati; viviamo e vivremo sempre di più in compagnia della tecnologia intelligente. La pandemia ha accelerato non prodotto questa trasformazione. Smart city, smart working, smart house, digital life, industria e agricoltura 4.0, robotica collaborativa, cyberwar, dad, etc. Il trait d’union del nuovo linguaggio è la convivenza dell’uomo pensante e delle macchine intelligenti. Quale sarà allora il modo in cui l’uomo vivrà e si comporterà nei confronti delle macchine intelligenti? E, nell’ambito del nuovo contesto, quale sarà il comportamento relazionale degli uomini nei confronti dei suoi simili? Può funzionare la coesistenza tra due soggetti che non si conoscono? Sono solo alcune delle tante domande che ci consentono di affermare che l’IA va oltre l’economia e rientra a pieno titolo nel concetto di etica, quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento umano e della sfera delle azioni buone e cattive. Nel parlare di AI for good e AI not for good ecco allora che parliamo non di un’IA buona o cattiva, ma di un comportamento etico dell’uomo nell’uso della tecnologia intelligente. La tecnologia è per sua natura dual use, sta all’uomo usarla per il bene o per il male; guardare alla tecnologia intelligente in un’ottica non prevalentemente economica e di dominio ma antropocentrica e di libertà, orientata non allo sfruttamento delle risorse e all’esclusione sociale ma alla sostenibilità e all’inclusione. Non potremo realizzare un’IA etica se non ci riappropriamo del concetto di etica intergenerazionale e se non superiamo la cultura del pro e del contro fomentata dall’imposizione della tecnologia in antitesi alla condivisione della tecnologia da utilizzare. Certo, una rivoluzione culturale che richiede sforzo, impegno e tempo ma che non possiamo permetterci di non attuare perché l’IA va oltre l’economia; quest’ultima può essere il motore dello sviluppo e dell’agire umano ma non può rappresentarne la sola finalità. C’è chi vede nell’IA lo strumento che ci porterà a vivere un nuovo Rinascimento e chi, all’opposto, un nuovo Medioevo; due scenari estremi possibili: auspicabile il primo, da scongiurare il secondo. Tuttavia, focalizzandoci solo sugli estremi corriamo il rischio di non immaginare altri scenari intermedi da costruire. Oggi più che mai abbiamo bisogno di artisti, possessori di conoscenza e abilità, capaci di immaginare il futuro e di plasmarlo. Abbiamo il bisogno di creare un modello sociale; non farlo significherebbe restare spettatori dell’importazione di modelli sociali basati sulla tecnologia intelligente, siano essi a trazione pubblica o privata, non confacenti alla nostra storia, alla nostra cultura e ai nostri valori.

 

V. Rigamo è autore del volume “Intelligenza artificiale – dall’arte al disagio sociale”, 2020

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