PNRR e efficacia della spesa

di Gioacchino Garofoli

Professore Ordinario di Politica Economica all’Università dell’Insubria e Alumno ISTAO 1970-1971

Dopo due anni di attese e di mancato confronto pubblico su idee e progetti, è iniziata la campagna di spesa delle regioni e dei comuni con le risorse del PNRR. Ancora una volta si certifica l’assenza di un metodo e di un approccio adeguato per le questioni strutturali dell’economia italiana di fronte alle sfide del cambiamento e della sostenibilità che sono affrontabili esclusivamente con una strategia di investimenti pubblici e privati e con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Sta emergendo una corsa senza senso a bandi per consentire di avviare la spesa degli ingenti fondi europei a prescindere dalla coerenza e dall’utilità dei progetti che saranno finanziati. Non si riesce, infatti, ad individuare un meccanismo di avvio sistematico di investimenti per la soluzione di problemi strutturali da tempo chiaramente individuabili (a cominciare dalla sicurezza alimentare all’autonomia energetica per continuare con la difesa del territorio, la sostenibilità ambientale e la manutenzione straordinaria delle nostre infrastrutture claudicanti).

È straordinario il ritardo dell’Italia, ma anche dell’Europa, nei riguardi dell’autonomia energetica sia in termini culturali che di visione strategica delle opportunità esistenti. L’autonomia energetica italiana è molto bassa a fronte della rilevante capacità di altri paesi europei, a cominciare dalla piccola Danimarca, ad individuare percorsi di ricerca e produzione con fonti alternative, ad introdurre innovazioni specifiche e ad organizzare modalità di partecipazione della popolazione e dei territori all’avvio di iniziative collettive e territoriali.

Quindi sono carenti in Italia sia l’attenzione e la capacità di affrontare assieme agli altri paesi europei l’avvio di ricerche applicate e l’introduzione di nuove tecnologie che necessitano opportune economie di scala e la programmazione di spese pluriennali per adeguati investimenti. Ciò vale sia per l’utilizzo di fonti energetiche alternative che per la produzione di batterie per l’auto elettrica che per la produzione europea di componentistica elettronica. Per questo motivo anche il PNRR Italiano dovrebbe destinare parte delle risorse disponibili a progetti europei, attraverso la costituzione di appositi consorzi con la partecipazione di centri di ricerca ed organizzazioni pubbliche e private.

Ma il ritardo è rilevante anche nell’avvio delle Comunità Energetiche che rappresentano la figura istituzionale per gestire produzione e consumo di energia a livello territoriale. In Italia sono operative soltanto due decine di Comunità energetiche contro le 900 esistenti in Danimarca e le 1.400 in Germania. Questi dati sono sufficienti a dimostrare l’assenza di una capacità strategica e programmatoria non solo dello Stato Centrale ma anche delle Regioni e degli Enti Locali, accompagnata da una scarsa diffusione culturale e mancata consapevolezza dei cittadini nell’affrontare “dal basso” le questioni di interesse collettivo che sono sul tappeto.

Il lancio del NGEU da parte della Commissione Europea e dei successivi PNRR nazionali avrebbe dovuto rafforzare la capacità di organizzazione e programmazione del Paese oltre a costruire le condizioni per favorire un efficace partenariato pubblico – privato per organizzare coerenza e integrazione tra investimenti pubblici e investimenti privati. Siamo invece rimasti alle “regalie” tipiche dei più squallidi sistemi politici ed istituzionali di paesi non democratici.

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