Leopoldo Sabbatini, imprenditore culturale

di Daniele Salvi

Componente comitato Città-Territorio di ISTAO

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno ha ricordato che nel 2021 cade il 160esimo Anniversario dell’Unità d’Italia. Di fronte al dovere attuale di una nuova ricostruzione, gioverebbe celebrare questa ricorrenza riscoprendo delle personalità che si sono dedicate al progresso del Paese e che non sono state adeguatamente valorizzate.

Credo sia questo il caso di Leopoldo Sabbatini, imprenditore culturale ed economista applicato, al quale si devono la nascita dell’Unione delle Camere di commercio d’Italia, l’odierna Unioncamere, e della prima Università commerciale del nostro paese, l’Università “Luigi Bocconi” di Milano.

Leopoldo Sabbatini nasce il 14 luglio 1861 a Camerino, secondogenito di Eugenio e Silvia Piermarini. Il padre, convinto patriota, si era battuto per gli ideali risorgimentali, che aveva trasmesso ai figli, ritenendo che loro – a differenza della generazione che aveva dovuto usare la spada – dovessero combattere l’ignoranza con la penna, “il cannone rigato dell’avvenire”, “diffondendo l’istruzione nel popolo”.

Il giovane Leopoldo prende sul serio il padre e, trasferitosi a Pisa dopo i primi quattro anni di liceo-ginnasio svolti a Camerino, s’impegna ancora studente nella promozione dell’educazione degli adulti, fondando la “Società fra gli studenti per le scuole serali” che organizza corsi per operai e impiegati, della quale diventa ben presto presidente. Inoltre, è chiamato a presiedere la locale biblioteca circolante, che ha contribuito a creare, convinto già allora della necessità della crescita culturale e sociale dei lavoratori per lo sviluppo del Paese.

Conseguite la maturità e, quindi, la laurea in giurisprudenza nel 1883, egli inizia la carriera professionale presso lo studio legale Bianchi-Morelli, continua gli studi di diritto internazionale e commerciale, fino a vincere nel 1885 il concorso per vicesegretario bandito dalla Camera di Commercio di Milano.

La Milano in cui va a vivere Sabbatini è una città che dall’unificazione del paese ha tratto grande giovamento dal punto di vista economico, demografico, culturale e civile: modernizzazione industriale, da un lato, e questione sociale, dall’altro, sono i termini di una dialettica che impegna i diversi gruppi sociali dediti alla gestione della cosa pubblica e che garantisce fino a quel momento un progresso non riscontrabile in altre parti del Paese.

Sono gli anni in cui va formandosi quello che poi sarà il mito di Milano quale “capitale economica e morale d’Italia”. I temi vitalissimi della cooperazione e dell’istruzione popolare trovano subito nel giovane Sabbatini un protagonista entusiasta, organizzatore di cooperative e riformatore scolastico per avvicinare la scuola all’operaio, sia logisticamente portandola nelle periferie e nei sobborghi, sia didatticamente commisurandola alle condizioni dei discenti, alle loro possibilità economiche e alla formazione professionale.

Sul finire del 1888 Sabbatini diviene segretario della Camera di commercio milanese. La sua nomina coincide con uno scontro interno all’imprenditoria milanese che vede il prevalere delle posizioni meno protezioniste e più aperte al libero scambio. Il nuovo segretario s’impegna nella riforma della legislazione sulle Camere di commercio, per la quale sostiene l’estensione del diritto di voto attivo e passivo a tutti i soggetti afferenti, e nella redazione del primo rapporto statistico scientifico sulle forze industriali e commerciali di Milano e provincia.

Ma il nome di Sabbatini si lega, più avanti, all’impresa altamente innovativa della costruzione della prima Università commerciale italiana, di cui diventa primo presidente e rettore. Nata dall’esigenza di dotare la città di Milano di strutture formative adeguate al livello raggiunto dalle attività economiche e analoghe a quelle già esistenti in campo tecnologico, come l’Istituto Tecnico Superiore, l’idea è adottata da Ferdinando Bocconi, determinato nel voler onorare la memoria del giovane figlio Luigi, disperso nel 1896 nella battaglia di Abba Garima in Africa.

Ma è soltanto grazie al genio di Sabbatini se la nascente istituzione abbandona i caratteri di una Scuola superiore, costola del già esistente Istituto Tecnico, e assume quelli di una nuova facoltà indipendente con un ordinamento completamente nuovo e di rilievo europeo. A ciò contribuiscono i fatti del 1898 e i cannoni di Bava Beccaris che producono l’effetto contrario a quello auspicato, ossia aprono il governo della cosa pubblica ai partiti popolari e ai loro rappresentanti, i quali fanno proprio il progetto dell’istruzione commerciale superiore e costringono Bocconi ad avere nuovi e diversi interlocutori.

Nell’idea di Università di Sabbatini la scienza economica diventa la disciplina chiave dell’intero ciclo di studi e l’istituto si configura come un istituto di alti studi economici, che deve formare “una schiera di uomini d’élite che appartengano realmente al commercio e siano ad un tempo padroni delle scienze economiche così da portare nella pratica quotidiana degli affari quel senso intimo delle esigenze della vita economica che solo con uno studio largo, scientifico delle dottrine economiche e sociali è possibile acquistare”. La stesura dello statuto segue esattamente questa impostazione e Sabbatini diviene fin da subito presidente del Consiglio direttivo della neonata Università. Siamo nel 1902.

In quegli stessi anni Sabbatini s’impegna anche nel dare forma ad un unico centro coordinatore delle rappresentanze degli operatori economici del Paese, affinché le loro istanze possano giungere in maniera unitaria ed efficace presso il governo, il parlamento e l’opinione pubblica nazionale. Il 7 giugno del 1901 nasce l’Unione delle Camere di commercio italiane, con l’obiettivo di: “a) esaminare tutte le questioni di interesse generale che hanno attinenza col commercio e con l’industria; b) promuovere presso i pubblici poteri l’adozione di leggi e di ogni altro provvedimento atto a favorire lo sviluppo dei traffici e della produzione nazionale; c) perseguire con l’azione collettiva quei risultati che in questioni economiche d’ordine generale più difficilmente si possono conseguire con l’azione separata delle Camere”. Anche l’Italia si dota in tal modo di una istituzione già presente in Inghilterra, Germania e nei Paesi Bassi.

Curioso è il fatto che la Camera di commercio di Ancona, dopo quella di Milano e forse su sollecitazione dello stesso Sabbatini, è la prima a muoversi per invitare le altre a dar vita ad una federazione. Sabbatini diviene il primo segretario dell’Unione, alla cui presidenza viene nominato Angelo Salmoiraghi, già a capo della Camera milanese e con il quale il nostro condivide non solo l’impegno camerale ambrosiano, ma anche quello per la costituzione dell’Università.

Questa, dal canto suo, ha necessità di essere riconosciuta ben oltre lo statuto di “istituto superiore privato”, cosa che avviene dapprima con la sanzione ad ente morale (1902), poi con il riconoscimento pubblico del diploma di laurea in scienze economiche e commerciali (1906). La trattativa con i livelli ministeriali, condotta sapientemente da Sabbatini, gli vale la nomina a primo rettore dell’Università commerciale, probabilmente anche per rafforzarne con il doppio ruolo la capacità negoziale.

Del corpo docente dell’Università entrano a far parte fin da subito figure come Achille Loria, Maffeo Pantaleoni, Rodolfo Benini, Gaetano Mosca, Leone Bolaffio, Angelo Sraffa, Ulisse Gobbi e Luigi Einaudi. L’imperativo sempre presente in Sabbatini di armonizzare “vita e scuola”, lo porta a sostenere ogni giovane laureato dell’università nell’avvio della sua carriera “non soltanto nell’interesse di lui, ma anche per la formazione di quell’esercito destinato a combattere le battaglie dell’economia nazionale in tutte le piazze d’Italia e del mondo” (testimonianza di Alessandro Croccolo, 1956). Per questo nel 1906 nasce l’ALUB, l’Associazione Laureati Università Bocconi.

La neonata Unione, invece, muove i primi passi seguendo la riforma legislativa delle Camere di commercio, elaborando nuovi criteri di politica economica in tema di sviluppo delle esportazioni e stipula di trattati commerciali e accordi internazionali, individuando i provvedimenti più atti ad agevolare le esportazioni agroalimentari dal meridione d’Italia verso i mercati del nord Europa, riformando gli ordinamenti consolari per adeguarli alla nuova realtà economica internazionale. Anche qui, l’impegno non si limita allo studio, alla proposta legislativa, normativa o programmatica, ma diventa in Sabbatini azione concreta con la costituzione della “Società commissionaria per l’esportazione” che ha lo scopo di far conoscere i prodotti italiani all’estero e di cui fino alla morte egli rimane amministratore.

Peraltro, Sabbatini è sempre più richiesto come economista applicato; viene chiamato a far parte di commissioni ministeriali per la riforma del servizio consolare, delle scuole professionali superiori o per definire gli interventi pubblici resi necessari dal disastroso terremoto di Messina.

Infine, questo percorso non può non incrociare anche l’impegno politico. Contraddistintosi sempre per rettitudine morale e per le sue idealità democratiche, laiche e radicali, consapevole della nuova questione sociale rappresentata dall’emancipazione del proletariato, Sabbatini accetta nel 1909 la candidatura dei partiti popolari nel collegio di Camerino, la città natale dove sempre più spesso – muovendosi tra Roma e Milano – fa tappa per visitare l’anziana madre e gli amici d’infanzia.

La battaglia improba contro l’onorevole Cesare Sili, sostenuto dagli ambienti agrari conservatori e dalle campagne, viene persa, ma se “la nostra, e per il fine e per i mezzi, è di quelle sconfitte che onorano chi le riceve, non chi le dà” – come ebbe a dire lo stesso Sabbatini ai suoi elettori – il discorso da lui pronunciato il 28 febbraio del 1909 al teatro Marchetti di Camerino colpisce per l’ampiezza delle vedute, l’innovatività delle proposte, alcune delle quali realizzatesi diversi decenni dopo, e la capacità di affrontare i problemi di un territorio e di una regione, che erano molto diversi da quelli che fino a quel momento lo avevano occupato. Il discorso, non a caso, riceve l’attenzione dei maggiori quotidiani del Paese.

All’indomani del primo cinquantesimo dell’Unità d’Italia e alla vigilia della Grande Guerra, che avrebbe sconvolto l’Italia e l’Europa, in un luminoso mattino del 6 giugno 1914 dipartitosi dalla “colta e gentile Camerino”, dove aveva fatto visita alla vecchia madre, e sceso dal treno Ancona-Roma per prendere la coincidenza per Firenze e quindi Milano, trova la morte fulminea e prematura, cadendo “fra le braccia di un facchino”. La denuncia di successione che quattro mesi dopo il figlio Eugenio presenta all’Ufficio del registro di Milano dimostra, ad ulteriore prova, la rettitudine morale e la sobrietà di vita di Leopoldo Sabbatini.

Ha scritto Marzio Achille Romani, che a Leopoldo Sabbatini ha dedicato l’unica monografia esistente “Costruire le istituzioni. Leopoldo Sabbatini (1861-1914)” (Rubbettino 1997, con prefazione di Mario Monti), che troppo spesso il ricordo di audaci riformatori “si esaurisce in una targa posta all’angolo di una via, in un nome citato in nota, o in vacue commemorazioni formali”. Il nome di Sabbatini, primo presidente e rettore dell’Università Bocconi, fondatore e primo segretario dell’Unione delle Camere di commercio, andrebbe fatto rivivere in un sodalizio tra istituzioni culturali ed economiche che nel rivolgersi ai giovani indichino nell’attualità di una ricerca che si muova tra teoria e politica economica, scuola e vita, idealità e prassi, la carta più importante da giocare per ricostruire l’Italia.

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