Un’impresa può avere un pensiero europeo?
di Marco Tonnarelli
Funzionario pubblico e Alumno ISTAO 1993-94
“Ce lo dice l’Europa”: un’espressione che abbiamo percepito spesso come un vincolo o un’imposizione negli scorsi anni. Ma cosa può significare realmente una dimensione europea per un’impresa? In che misura e in quali ambiti la partecipazione ad un mercato comune può limitare (o favorire) la gestione di un’azienda? Di quali rischi ed opportunità occorre tener conto, sentendosi in Europa?
La prima considerazione è che ormai il mercato domestico delle imprese italiane non può non coincidere con la dimensione europea: mercati di sbocco, fornitori di beni e servizi, finanziatori ed istituti di credito possono appartenere a tutti i Paesi dell’Unione. È ovviamente sempre possibile concentrarsi sul livello nazionale o addirittura locale, ma deve essere una scelta precisa, avendo ricercato, valutato ed escluso le alternative. Un orizzonte ampio di riferimento consente infatti di accedere a spazi di efficienza grazie alla concorrenza, alle potenzialità del commercio elettronico a tutti i livelli; in alcuni casi si possono avere a disposizione servizi o beni altrimenti non reperibili a livello nazionale o locale. Tuttavia aprirsi a questo panorama più profondo richiede un investimento consapevole, innanzi tutto in termini di capacità manageriali di ascolto e comprensione, di adeguata conoscenza delle lingue straniere, di frequentazione abituale di contesti diversi. Tutto questo sembra banale, ma non sempre lo è.
La seconda osservazione deriva dal ruolo pervasivo che le direttive comunitarie hanno ormai raggiunto in termini di fissazione di parametri tecnici o procedurali, in pressoché ogni settore produttivo. Si pensi all’esempio eclatante dell’omologazione dei motori automobilistici e delle tante ripercussioni che ne derivano, ma il fenomeno è assolutamente più esteso e raggiunge ambiti a prima vista impensabili. Non subire, ma dominare, o almeno conoscere adeguatamente, tali aspetti è quindi indispensabile, con riferimento al proprio ambito di attività. Soprattutto è importante superare una visione di tali aspetti soltanto come vincoli esogeni: si pensi come una consapevolezza attiva di fenomeni in costante evoluzione può divenire un formidabile elemento di tempestività e di forza, sia sui mercati che – e forse soprattutto – a livello organizzativo interno.
Il terzo aspetto riguarda le potenzialità che i fondi strutturali comunitari, fra cui in particolare il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) ed il Fondo Sociale Europeo (FSE), aprono alle imprese di pressoché ogni dimensione ed ambito produttivo. Come noto, la programmazione comunitaria delle politiche di coesione si realizza in periodi settennali, con forme di monitoraggio, sorveglianza, premialità o sanzionamento. A livello statale e regionale, la piena operatività del periodo di programmazione 2014-2020 si sovrappone già alla impostazione delle strategie per il settennio successivo: fra queste il ruolo assegnato al comportamento delle imprese è di assoluto rilievo. In particolare, esse sono viste come un attore cruciale per procedere verso un’Europa più intelligente ed innovativa, più verde e priva di emissioni di carbonio, più connessa e digitale. Coerentemente, sono previste forme di contribuzione per investimenti in molti ambiti, coerenti con questi assunti generali. E qui sta il punto: al di là della opportunità di contributi pubblici in conto capitale o in conto interessi per gli investimenti aziendali, appare rilevante il messaggio, direi pedagogico, che l’Unione Europea cerca di trasmettere. Si tratta di una prospettiva più ampia, di posizionamento relativo del Vecchio continente in un mondo in rapida trasformazione, in cui occorre individuare e potenziare gli elementi davvero rilevanti, soprattutto in prospettiva. Le imprese europee, italiane, marchigiane sono quindi chiamate ad interrogarsi sul proprio posizionamento relativo, ad individuare gli ambiti gestionali prioritari (per definizione in continua evoluzione) ed a organizzare un percorso di sviluppo che persegua concretamente quegli obiettivi con azioni concrete. Ecco, in questo l’Europa tenta di suggerire una chiave di lettura attuale e di fornire elementi di supporto.
In definitiva, se il pensare globale si può ormai considerare una necessaria, seppur graduale, modalità di visione per ogni imprenditore e manager, il pensare europeo può offrire una consapevolezza di condizioni ed opportunità imprescindibili. In cui, ben inteso, esprimere al meglio le proprie creatività, competenza, audacia.