Le ragioni del Patto

di Pietro Marcolini

Presidente ISTAO

Sono evidenti i segnali della crisi che ha colpito la regione Marche: quello che era un tempo definito un modello economico e sociale, nella terra delle armonie, il celebrato sistema dei distretti industriali, sta diventando un campo di osservazione della crisi contemporanea. Gli elementi su cui il modello economico e sociale marchigiano avevano poggiato e, cioè, una capacità straordinaria di produzione ed esportazione, una spiccata vocazione all’imprenditorialità, sostenuta da un giovane e generoso mercato del lavoro con una notevole disposizione al sacrificio e una robusta armonia sociale, vengono messi drammaticamente in crisi da alcuni fenomeni di portata globale, tra cui una maggiore pressione competitiva a causa delle nuove superpotenze emergenti e un’accelerazione nella modernizzazione dei sistemi, non soltanto di produzione ma anche della distribuzione e dei consumi.

Le Marche non sono più nel gruppo di testa fra le regioni italiane più sviluppate ed è sempre più concreto il rischio della graduale e progressiva perdita di competitività, non più recuperabile con i tempi e le soluzioni del passato, con la conseguente periferizzazione e marginalizzazione territoriale della regione.

Dopo gli eventi sismici del 2016 è divenuto prioritario elaborare un piano per la rinascita e lo sviluppo delle aree interne e di tutta la regione, un piano sostenibile ambientalmente ed innovativo in termini tecnologici e sociali.

La Giunta e il Consiglio regionali delle Marche si sono impegnati nell’elaborazione e traduzione di un Patto per lo sviluppo che, nel riflettere sui limiti del passato sviluppo di aree già profondamente compromesse e tendenzialmente destinate al declino, tendesse ad evidenziarne le prospettive coniugandole con le nuove necessità-possibilità del futuro sviluppo. Un Patto tra la Regione Marche e le rappresentanze associative, territoriali e delle comunità locali, per definire gli ambiti di intervento su cui focalizzare le energie ed i fondi per lo sviluppo: per la ricostruzione fisica ed il ridisegno di nuovo sviluppo.

Nei suoi contenuti strategici, sono condensati gli orientamenti della ricerca che l’Assemblea legislativa ha affidato ai quattro atenei marchigiani (con la collaborazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia) su “I nuovi sentieri di sviluppo dell’Appennino marchigiano dopo il sisma” e la proposta emersa dal lavoro “Verso il Patto per la ricostruzione e lo sviluppo” che la Giunta regionale ha affidato all’Istao.

Dal grande lavoro di analisi e contestualizzazione dell’area coinvolta dal sisma, insieme agli 11 “sentieri di sviluppo” evidenziati con il lavoro delle Università, anche grazie al processo di concertazione governato da Istao mediante attivazione di una serie di tavoli tematici, sono maturate interessanti progettualità: 135 progetti (poi sintetizzati in un centinaio) che mettono insieme CIRCA 2.000 milioni di euro d’investimenti possibili con un impatto occupazionale stimato di circa 9.500 unità.

I due percorsi, quello sviluppato dalle Università e quello sviluppato da Istao, si sono intrecciati in maniera sinergica, contaminandosi reciprocamente e trovando vicendevolmente conferme dei risultati ottenuti, pur partendo da approcci metodologici differenti; la risultante sintesi dei due lavori è rappresentata dal documento di “Patto per la ricostruzione e lo sviluppo”, che i componenti del tavolo di concertazione hanno sottoscritto, e dalle “aree integrate di intervento” che al suo interno sono state individuate come vettori strategici per lo sviluppo: servizi alla coesione sociale; competitività ed innovazione nei sistemi produttivi; green economy; sicurezza del territorio; valorizzazione del patrimonio; mobilità; ricerca e nuove competenze; tecnologie e sistemi innovativi, infrastrutturazione digitale abilitate.

Comunità, lavoro (innovativo in special modo) e sicurezza sono le tre parole chiave che legheranno la ricostruzione alla rinascita dei territori.
In tal senso i rapporti con le regioni vicine (si pensi in particolare all’Umbria, all’Abruzzo ma anche all’Emilia-Romagna, una delle regioni più avanzate d’Europa) possono alimentare relazioni proficue per lo sviluppo futuro. Potrà quindi essere la collaborazione interregionale, ed una cooperazione territoriale rafforzata tra regioni, a rafforzare alcuni partenariati volti allo sviluppo e alla rinascita delle specifiche e diverse vocazioni dei territori locali sulla base degli effettivi bisogni, interessi e capacità con un approccio integrato e condiviso.

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