Dall’origine della criptomoneta Bitcoin, di Satoshi Nakamoto¹, alla sua diffusione al tempo del coronavirus
di Marisa Abbatantuoni
Avvocato Tributarista
La carta d’identità indica che il bitcoin di professione “fa la valuta”, centro di un sistema sicuro e decentrato, che prescinde da una qualsiasi autorità centrale.
E’ proprio questo il valore della sperimentazione che ruota attorno al Bitcoin e alla tecnologia sottostante, la blockchain, il c.d. “libro mastro” distribuito e condiviso tra tutti i nodi della rete che sostituisce di fatto l’intermediario centrale che si occupa della certificazione delle transazioni.
Fino a poco più di quattro anni fa le criptovalute erano uno strumento riservato a una nicchia ristretta di innovatori e di “criptoentusiasti”.
Poi a far conoscere il Bitcoin a tutto il resto del mondo è stato il Bitcoin stesso, o più correttamente il sogno di ricchezza che ha colpito l’immaginario di schiere di investitori, spesso giovanissimi alle prime armi con il trading di strumenti finanziari, che sono cresciuti in tutto il mondo più che proporzionalmente con il lievitare delle quotazioni.
Ma andiamo con ordine. Il bitcoin è la prima e più famosa criptovaluta.
Stiamo parlando di una moneta digitale, che non esiste nel mondo fisico: anche se lo si vede in fotografie e rappresentazioni, il bitcoin è fatto da una stringa di numeri che devono essere risolti in un complesso rebus crittografico per essere concatenati in maniera immutabile sotto forma di blocchi di bit nella blockchain.
A fissare le regole di Bitcoin è stato un misterioso personaggio, Satoshi Nakamoto, uno pseudonimo dietro il quale si nasconde senza dubbio un informatico esperto in crittografia, anche se qualcuno è convinto che si tratti di un gruppo di persone.
È stato lui a mettere insieme una mailing list di entusiasti del criptomondo a cui il 31 ottobre 2008 invia il white paper “Bitcoin: a peer-to-peer electronic cash system” in cui delinea il funzionamento dell’algoritmo che governa il sistema di Bitcoin e, soprattutto, trova una soluzione al problema del “double spending” evitando che la valuta possa essere copiata, fatto non così raro nel mondo digitale.
Bisogna sottolineare il timing: il paper esce poco più di un mese dopo il clamoroso fallimento di Lehman Brothers che sancisce ufficialmente che il mondo finanziario globale si trova ad affrontare la più grave crisi dell’ultimo secolo. E soprattutto il crollo di un sistema bancario basato su una fiducia spesso tradita dagli intermediari che ne garantivano il funzionamento.
Il 3 gennaio 2009 viene “minato” il blocco 0, il “genesis block” che ha dato i natali a Bitcoin.
Alcuni sviluppatori affermano che la “seconda parte” della crisi finanziaria globale scatenata dal coronavirus porterà Bitconin ad aumentare il suo valore e quindi a fare la fortuna di molti criptoinvestitori In queste ore, il prezzo di Bitcoin (BTC) si è mantenuto sopra i 9.000$, mentre la paura generata dall’epidemia di coronavirus demolisce i mercati tradizionali, tuttavia la cripto currency non è un bene rifugio.
A distanza di 11 anni dalla sua comparsa, e la diffidenza di governi e politici la criptovaluta oggi non è solo una tecnologia utilizzata da esperti informatici, ma come affermato da Therese Chambers – director of retail and regulatory investigations presso la Financial Conduct Authority del Regno Unito “Le criptovalute sono sempre meno di nicchia e più simili alla finanza tradizionale”.
Difatti il numero di bancomat crypto in tutto il mondo è ora di circa 7.000 unità ed una accelerazione sembrerebbe arrivare proprio dalla Cina, che inizialmente aveva bloccato qualsivoglia apertura verso il mondo cripto. Eppure, nel mese di ottobre del 2019 il presidente Xi Jinping sembrerebbe aver richiesto alla Cina uno “sforzo maggiore” verso la blockchain per ottenere un vantaggio sugli altri Stati; mentre nel corso del 2020 è prevista l’adozione della valuta digitale cinese DCEP (Digital Currency Electronic Payment) che è stato affermato essere una vera e propria alternativa alle banconote in circolazione, da non confondere con il sistema di pagamento come Alipay.
[1] Cfr. Bit coin generation, edito da “Nòva” in Il Sole24 Ore