L’Europa…s’è desta!

di Bruno Lamborghini

Economista industriale

La grande crisi pandemica ha prodotto la più grande crisi mondiale dal dopoguerra, tanto che il 2020 andrebbe cancellato dalla storia come ha espresso icasticamente la copertina del Time mettendo una croce sul 2020.

Ma il virus ha anche iniziato a svegliare dal suo sonno l’Unione Europea.

Sono molte le decisioni prese a Bruxelles a partire dallo scorso marzo con la prima ondata della pandemia:

  1. La decisione della sospensione temporanea delle Politiche di stabilità e crescita cioè la decisione di sospendere i vincoli posti ai bilanci nazionali in termini di deficit di spesa (limite del 3% dl PIL) e del debito pubblico (l’obiettivo del 60% del PIL era stato già ampiamente ridimensionato durante la crisi del 2008, con il superamento del 100% del PIL in molti paesi) così come la sospensione temporanea del vincolo per gli aiuti di stato (ricordiamo come le stessa Germania ha attuato ingenti sussidi alla Lufthansa e noi all’Alitalia).
  2. L’introduzione da parte dell’Unione Europea di un piano di finanziamenti a tassi ridotti per il sostegno alla crisi dell’occupazione a causa della pandemia, il piano SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), cioè finanziamento per contributi alle diverse modalità di CIG nei paesi europei per un impegno complessivo di 87,9 miliardi Euro di cui l’Italia ha la quota maggiore per 27,4 miliardi Euro. Si tratta di finanziamenti comunque da rimborsare e che incrementano il debito pubblico italiano, peraltro con il vantaggio di interessi leggermente inferiori ai già bassi tassi praticati dal mercato e di non dover ricorrere a nuove emissioni.
  3. L’iniziativa, proposta da Francia e Germania, ora in fase di approvazione dai Parlamenti nazionali, per un grande programma di 750 miliardi di Euro (390 miliardi per contributi e 360 miliardi per finanziamenti), destinato a investimenti per la ripresa (Recovery Plan) delle economie europee dalla crisi pandemica. Tale proposta ha avuto alterne vicende a causa dapprima della netta opposizione olandese (tutti i giorni vedevamo nei telegiornali la faccia scura del premier olandese Rutte che non accettava che venissero regalati soldi a quegli spendaccioni degli italiani). Poi il Recovery Plan è stato trasformato in Next Generation EU che può essere letto sia come un programma di investimenti per creare nuove opportunità alle nuove generazioni che anche come un debito di lunghissimo termine che dovrà essere ripagato dalle nuove generazioni.
  4. L’elemento più rivoluzionario dell’introduzione del Next Generation EU riguarda il suo finanziamento che si basa sulla emissione di titoli garantiti non più dai bilanci dei singoli stati, ma dal bilancio stesso dell’Unione Europea, con il pagamento dei titoli alla scadenza attraverso il bilancio europeo cui peraltro devono contribuire i singoli paesi membri. Quindi il debito per questo programma, a differenza del SURE, non pesa sul debito pubblico dei singoli stati. I contributi a fondo perduto sono ugualmente a carico del bilancio europeo finanziato dai contributi dei singoli paesi. Si tratta di un evento straordinario che si presenta in qualche modo come l’introduzione per la prima volta di Eurobonds, cioè l’emissione di titoli europei già preconizzati e proposti tra gli anni 80 e 90 dall’allora Presidente della Commissione Europea, Jacques Delors, ma mai realizzati e poi più volte raccomandati da Romano Prodi. Questa decisione appare aprire nuove strade verso l’Unione Bancaria, ma soprattutto verso una politica di bilancio comunitaria.
  5. Elemento altrettanto straordinario della nuova politica europea riguarda la ripartizione dei finanziamenti e dei contributi, non basata sul peso contributivo specifico di ciascun paese al bilancio europeo, ma invece sulle perdite economiche effettivamente subite da ciascun paese a causa della crisi pandemica. Pertanto l’Italia e la Spagna sono i due paesi che ricevono i maggiori interventi del programma europeo (l’Italia 209 miliardi). Questa modalità di ripartizione si basa quindi non sul PIL di ciascun paese, ma sul principio di solidarietà condivisa in base alle esigenze effettive di ciascun paese. Questa straordinaria innovazione lascia preludere a future nuove modalità della gestione delle politiche europee.
  6. Gli obiettivi del Next generation EU sono rivolti a investimenti in tre direzioni: transizione ambientale, digitalizzazione, coesione sociale (scuola, ricerca, sanità), seguendo la linea della politica introdotta sin dall’inizio dalla Presidente UE Ursula Von der Leyen con l’obiettivo del Green Deal e del sostegno alla diffusione digitale. Gli interventi del programma finanzieranno i progetti presentati dai singoli stati e seguiranno gli schemi di intervento e rendicontazione già sperimentati per i fondi strutturali europei (si ricorda che l’Italia in passato è riuscita a utilizzare solo l 38% dei fondi a sua disposizione per i fondi strutturali e quindi si impone la necessità ora di ridefinire e adeguare completamente le modalità di gestione dei progetti presentati al Next Generation EU, pena il mancato accesso agli interventi e cominciare dalla corretta predisposizione dei progetti nel rispetto dei tempi richiesti).
  7. Vi è anche la disponibilità dei finanziamenti nell’ambito dell’EMS (European Mechanism for Stability), in italiano il controverso MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), noto anche come Salva Stati, già introdotto nella crisi finanziaria del 2008 ed applicato con effetti pesanti in Grecia e Spagna, assieme agli interventi del Fondo Monetario (la cosidetta Troika).

Tale strumento è stato riformato a dicembre 2020 per modificarne l’impatto strutturale sui paesi utilizzatori, pur permanendo alcuni elementi di controllo, con particolare riferimento al sistema bancario. Il MES che è uno strumento intergovernativo, rispetto agli altri strumenti di finanziamento a base comunitaria, dispone complessivamente di mezzi finanziari per 240 miliardi Euro (di cui 36 per l’Italia), utilizzabili a tassi minimi, in particolare per interventi in campo sanitario. Tale strumento peraltro a fine 2020 non risulta ancora utilizzato da parte di alcun paese membro.

  1. I diversi strumenti della politica europea introdotti per affrontare la crisi economica conseguente alla pandemia si accompagnano e si rafforzano con gli interventi di Quantitatve Easing ovvero acquisti di titoli pubblici, da parte della Banca Europea, immettendo così grandi quantitativi di liquidità. Si tratta complessivamente di una politica europea finalmente coordinata e focalizzata verso precisi obiettivi per ora a carattere emergenziale, ma destinata a divenire strutturale e proseguire nel tempo (tenuto conto anche delle prolungate scadenze dei prestiti) ed a consolidare l’’Unione attraverso l’Unione Bancaria, ormai improcrastinabile ed a costruire una politica fiscale europea di bilancio che integra e completa per i paesi membri dell’UEM l’azione avviata con la Moneta Unica. Bisogna dare atto alla Cancelliera Angela Merkel per aver fortemente voluto, in particolare durante il semestre di Presidenza tedesca della UE, questo cambiamento radicale della politica ed azione della Unione Europea.

Le decisioni prese dall’Unione Europea nel 2020 non si limitano all’emergenza pandemica, ma si estendono in dicembre in materia di politica ambientale accrescendo ancor più il ruolo dell’Unione Europea quale protagonista e catalizzatore a livello mondiale nella lotta al cambiamento climatico ed a favore di una azione globale per la sostenibilità ambientale.

Dopo una notte di trattative, l’11 dicembre 2020 il Consiglio dell’Unione ha deciso di accrescere l’obiettivo europeo del taglio nel 2030 delle emissioni di carbonio (l’iter di decarbonizzazione), dal 40% al 55%, rispetto ai livelli del 1999, per giungere al 100% entro il 2050. Tale impegno europeo diviene parte determinante del Climate Ambition Summit dell’ONU e apre ad una collaborazione con la politica ambientale già espressa come priorità sin dall’inizio dalla Amministrazione Biden con il prevedibile ritorno degli Stati Uniti, dopo l’uscita di Trump, nel quadro degli accordi di Parigi sul clima.

E‘ auspicabile che gli obiettivi decisi dall’Unione Europea per accelerare la decarbonizzazione mondiale possano convergere verso analoghi obiettivi delle due maggiori potenze mondiali, Stati Uniti e Cina. Così pure è auspicabile che l’altra grande minaccia globale, le grandi crisi pandemiche, anche qui sotto la spinta degli interventi dell’Unione Europea, possa finalmente essere combattuta con armi e standard comuni a livello mondiale. Vi è quindi un ruolo particolare che l’Europa può svolgere in un contesto geopolitico sempre più complesso e spesso conflittuale per arrivare a proporre ed attuare obiettivi comuni per la salute della terra sempre più connessi alla salute dell’uomo.

Sul possibile futuro ruolo dell’Europa, occorre partire dalla sua grande storia, ricordando che I grandi padri dell’Unione Europea, da Schumann a De Gasperi, hanno creduto nell’impegno della pace e nella decisione di non fare mai più guerre in Europa attraverso la volontà di popoli riuniti in una comunità integrata di nazioni e questo obiettivo, realizzato pienamente da parte della Comunità-Unione Europea nei suoi oltre settanta anni, può e deve rappresentare un modello vincente anche per il resto del mondo

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