Creare valore aggiunto e lavoro di valore

di Federico Butera

Professore Emerito di Scienze dell’Organizzazione e Presidente della Fondazione Irso

Il ponte fra politiche pubbliche e progettazione sociotecnica

La nostra Community Progettare Insieme raccoglie, studia e diffonde casi in cui è stato valorizzato il lavoro, progettando in modo integrato tecnologia, organizzazione e concezione del lavoro e attraverso processi di partecipazione degli stackeholders. https://irso.it/community-progettare-insieme/

Il Patto per il Lavoro dell’Emilia Romagna è una delle best practices che abbiamo studiato con una ricerca condotta da Federico Butera, Giorgio De Michelis, Paolo Perulli, Francesco Seghezzi, Gianluca Scarano e vogliamo qui riportarne in sintesi i risultati.

Di solito vi è un abisso fra macro e micro, fra le politiche pubbliche sul lavoro (spesso centrate sulla modifica delle regole, o su manovre fiscali o su investimenti sulla formazione o sulla mobilità) e le pratiche di progettazione dell’organizzazione del lavoro, dei ruoli, dei mestieri, della formazione condotte dalle aziende e dalle Pubbliche amministrazioni: due mondi spesso incomunicanti. Eppure la valorizzazione del lavoro nella quarta rivoluzione industriale -che comporterà cambiamenti radicali nei ruoli, nei mestieri, nelle competenze, nei percorsi, nelle identità, nella qualità della vita di lavoro- ha bisogno sia di politiche pubbliche che di percorsi di progettazione nelle singole organizzazioni che di parlino fra loro. Attivando nuovi metodi e soluzioni e nuove forme di partecipazione. Questa saldatura fra politiche pubbliche e progetti innovativi nelle singole organizzazioni era avvenuto in Europa con la Mitbestimmung di Schmit in Germania, con l’Industrial Democracy di Olof Palme in Scandinavia; con Lean Production di Toyoda e del Juse in Giappone; con il Reinventig Governmenent di Clinton e Gore in USA. Questa politica di costruire attraverso progetti esemplari e condivisi un sistema produttivo e sociale innovativo avevano tentato di farla senza il successo sperato negli anni 70 la Olivetti, l’Ansaldo, la Dalmine l’Intersind e persone come Trentin, Carniti, Massacesi e Carlo Castellano che di questa testimonianza pagò il costo di un vile e devastante attentato: la Confindustria, la Fiat, Mediobanca, gran parte della CGIL, molte università, il CNR  e infine anche le Brigate Rosse liquidarono quel fiorire di progetti esemplari.

Il Patto per il lavoro che abbiamo studiato è la modalità di programmazione adottata dal 2015 dalla Regione Emilia Romagna elaborata e condivisa congiuntamente da tutte le rappresentanze economiche e sociali della regione e portata avanti con un confronto ed una collaborazione proseguita per tutta la legislatura.

Essa è stata una modalità innovativa di azione politica macro-micro in cui una politica pubblica dell’Ente Pubblico ha animato un gran numero di progetti di sviluppo integrato di tecnologia, organizzazione, lavoro, svolti autonomamente dalle imprese, dalle amministrazioni, dal sistema educativo, dal sistema della ricerca.

Il programma del Patto per il Lavoro ha avuto l’obiettivo di creare valore aggiunto e lavoro di valore sul territorio. Tutti hanno remato insieme. Ed è accaduto davvero.

La nostra ricerca ha studiato il caso emiliano in primo luogo per scoprire come sono stati possibili questi risultati e in secondo luogo per tipizzarne il metodo al di là delle specificità dell’Emilia Romagna. Utile speriamo per confrontare forme di politiche – non solo regionali ma anche metropolitane, nazionali e europee- e di metodi partecipativi per la creazione di lavoro di qualità, applicabili in parte o in tutto ad altri contesti al Nord e al Sud.

 

Che cosa è stato il Patto per il Lavoro dell’Emilia Romagna?

Il nome stesso ci suggerisce i principali elementi di analisi.

Un Patto. Il Patto è stato qualcosa di diverso da un semplice protocollo d’intesa o da tavolo di concertazione o da una politica territoriale top down. 50 attori pubblici e privati del territorio (imprese, sindacati, pubbliche amministrazioni, scuole, università, associazioni di rappresentanza ecc.) si sono impegnati a focalizzare azioni nuove e in corso per raggiungere uno scopo comune concordato: accrescere il valore aggiunto dell’economia locale e creare lavoro di qualità.

Concretamente il Patto è stato un insieme di programmazione regionale, di politica industriale, di politica del lavoro e di politica formativa e sostenute da una organizzazione per fare avvenire le cose.

Gli elementi che lo distinguono da altre iniziative di programmazione territoriale sono stati: una idea forte (aumentare il valore del lavoro e dei lavoratori); un obiettivo sintetico chiave (passare dall’11% al 5% di disoccupazione nell’arco del mandato); un inedito metodo rigoroso di partecipative governance (governo socialmente partecipato).

I risultati complessivi rispetto agli obiettivi del Patto (dati del secondo trimestre 2019) sono stati:

a. il valore aggiunto aumentato dell’1,4% nel 2016, dell’1,8% nel 2017, dell’1,5% nel 2018;

b. gli occupati aumentati di 135mila dal 2015 con un tasso di occupazione del 71,3% (che supera quello della Lombardia);

c. La disoccupazione scesa dal 12% al 4,8%.

d. Il Tecnopolo di Bologna diventa il primo centro di big data e AI d’Europa, un investimento regionale, nazionale ed europeo

La nostra diagnosi è che il Patto per il Lavoro è stato un modello di policy e di organizzazione replicabile in contesti diversi dall’Emilia Romagna. Esso è stato basato su sei approcci e metodi convergenti.

  1. Una politica di valorizzazione del sistema produttivo nelle fasi alte delle catene del valore globale.
  2. Un modello di politiche e azioni integrate su capitale umano, innovazione, politiche territoriali, welfare, non più separate fra responsabilità e interessi diversi ma fra loro integrate e ricorsivamente rafforzantesi, fuori dai tradizionali silos per materia.
  3. Una strategia coraggiosa di investimenti pubblico-privati selettivi e non a pioggia con il consenso e la partecipazione degli stakeholders.
  4. Una Comunità Performante di attori pubblici e privati attivando la partecipazione dei corpi intermedi.
  5. Una organizzazione reticolare per realizzare il Patto: rete della ricerca, rete delle imprese, rete della formazione, organizzazione temporanea per gestire il Patto.
  6. Il supporto offerto alla realizzazione del Patto da una Amministrazione efficiente che ha iniziato a cambiare se stessa.

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