Blockchain e possibili applicazioni

di Marisa Abbatantuoni

Avvocato tributarista

Creata la task force dei trenta “esperti” in seno al MISE, nel settore dell’Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, è più che mai evidente l’interesse del nostro Governo per le prospettive di utilizzo della tecnologia blockchain a tutti i profili sociali ed economici che investono i cittadini, le aziende e la Pubblica Amministrazione del bel paese.

Senza ulteriori indugi è giunto il momento di definire, senza presunzione di esaustività certo, cosa s’intende quando si parla di “Blockchain”.

Parto con il dire che le criptovalute rappresentano una delle tante possibili applicazioni della “nuova” tecnologia chiamata Blockchain.

Ripercorrendo i suoi natali, la Blockchain nasce idealmente nel 1991 con l’articolo “How to time-stamp a digital document” di Stuart Haber e W. Scott Stornetta; i due autori propongono una soluzione alla certificazione temporale (e di fatto alla certificazione di autenticità) delle operazioni avvenute su base informatica.

L’evoluzione di questa tecnologia permetteva e permette, di creare un protocollo in grado di certificare l’ordine cronologico di una serie di operazioni, utilizzando una singola catena di algoritmi (dove dall’insieme dei termini blocchi e catena in linguaggio anglosassone deriva il nome di Blockchain) nella quale ogni successiva transazione od operazione si lega in maniera indelebile ed irreversibile alle precedenti operazioni.

E’ questa la rivoluzione! La modalità di funzionamento della catena di blocchi, rende le transazioni operate attraverso la Blockchain virtualmente immuni da ogni tipo di frode e totalmente pubbliche.

Per andare nello specifico, la catena di blocchi si basa su:

1. Decentralizzazione
2.
Trasparenza
3. Sicurezza
4. Immutabilità
5. Consenso

Ma se il processo di avanzamento, di miglioramento, di sviluppo e di benessere della società passa inevitabilmente attraverso la tecnologia blockchain, è indispensabile, analizzare e risolvere alcune criticità, aggiornando le norme che regolano le varie branche del diritto; sono almeno 15 le banche centrali mondiali che stanno seriamente progettando di utilizzare la blockchain per creare una versione digitale delle loro valute.

A rivelarlo è un recente studio del Fondo monetario internazionale (“Casting Light on Central Bank Digital Currency”), che tra le istituzioni proiettate verso l’adozione concreta di una criptovaluta nazionale, indica le banche centrali di Cina e Canada, delle ricche e tecnologiche Svezia, Norvegia e Singapore, ma anche di una nutrita pattuglia di Paesi emergenti come India, Ecuador, Uruguay e persino Tunisia e Senegal.

E’ inoltre, notizia del Sole 24Ore del 15 febbraio 2019 che la JP Morgan è la prima delle grandi banche di Wall Street a scommettere sulla blockchain e sulle criptovalute. Difatti, con una mossa che potrebbe rivoluzionare il mondo bancario l’istituto ha annunciato di aver creato e sperimentato con pieno successo la sua criptovaluta: riferiscono i portavoce dell’istituto bancario che Il “JPM Coin è basato sulla tecnologia blockchain, esattamente come il Bitcoin, e sarà utilizzato dalla banca per il trasferimento istantaneo di pagamenti tra conti istituzionali”.

Ma riportando l’attenzione sul bel paese, il 27 febbraio scorso, si è tenuta a Milano la presentazione del “Decreto Delegato Blockchain” che dimostra la volontà del legislatore della Repubblica di San Marino di regolamentare ed abbracciare la nuova tecnologia. La Repubblica e i suoi 33mila abitanti sperano, attraverso la Blockchain, di “rilanciare l’economia del Paese”, “promuovere il profilo di hub tecnologico mondiale” della Repubblica, contribuendo nel contempo ad “attrarre investitori a livello internazionale”, ponendosi come una sorta di Malta continentale; come la piccola isola nel cuore del Mediterraneo, la classe dirigente Sammarinese spera nell’afflusso di capitali e progetti nel suo territorio grazie all’implementazione di una legislazione snella, puntuale ed esaustiva.

Difatti, le applicazioni della tecnologia blockchain spaziano dalla sanità all’arte contemporanea passando per i satelliti.

Probabilmente pochi sono a conoscenza che BitCorp è una startup italiana fondata nel 2018 a Milano da due esperti di human intelligence e terrorismo, Christian Persurich e Gianluca Tirozzi, entrambi con un passato professionale nelle forze dell’ordine e oggi attivi, rispettivamente, presso il centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica di Milano e il Dipartimento di Sociologia ed Economia dell’Università Sapienza di Roma [1].

I soci fondatori, in un intervista pubblicata su Nòva24 Tech, spiegano che il core business dell’azienda, si innesta sulle attività investigative svolte per la Procura della Repubblica attraverso sofisticati sistemi di intercettazione telefonica, tuttavia proseguono “Siamo una startup innovativa e paghiamo la miopia degli istituti di credito nei confronti di un progetto imprenditoriale che è molto concreto, che ha già raccolto risultati importanti e che ha bisogno di nuove risorse per crescere in modo sostenibile”.

Il Governo, sembrerebbe stare al passo con i tempi, raccogliendo anche le sfide lanciate dal mercato, difatti, nel quadro della manovra 2019 ha stilato un ambizioso piano di sostegno all’innovazione e al comparto digitale, da realizzarsi con l’utilizzo di fondi pubblici a sostegno del venture capital, e detrazioni per chi investe in startup.

Occorre però sottolineare che la creazione di un ecosistema italiano favorevole all’innovazione (in particolare in settori come Blockchain e Intelligenza Artificiale) richiede una riflessione a 360 gradi, che affianchi misure strategiche a provvedimenti molto concreti, facilitando la vita delle imprese ed offrendo loro un vero partenariato con lo Stato. Dal punto di vista strategico, come ribadito da più parti, occorre costruire percorsi di valorizzazione dell’innovazione a partire dall’individuo, quindi nelle scuole e nelle università, per arrivare alle misure di supporto alle startup, passando per gli incentivi alle persone per fare ricerca e innovazione in Italia piuttosto che all’estero.

A tal proposito, l’Italia è entrata nel gruppo di lavoro europeo sulla blockchain siglando a settembre 2018 l’adesione alla «blockchain partnership» ed aggiungendosi ai 26 stati che avevano già firmato.

Per ora si tratta di partecipare a uno scambio di informazioni e di esperienze, per arrivare – si spera – a lanciare servizi e applicazioni digitali “cross border” nel settore pubblico [2].


[1] Attualità Nòva24 Tech edito dal Sole24 Ore del 23 gennaio 2019, “La blockchain ubiqua e flessibile che parla italiano”
[2] www.ilsole24ore.com del 27 settembre 2018 “L’Italia firma l’accordo Ue sulla blockchain e prepara un Fondo nazionale”

TORNA ALL’INDICE DEL BLOG

 

qui i più recenti