La sfida della circolarità

di Bruno Lamborghini

Economista industriale

La grande trasformazione industriale degli ultimi due secoli si è basata sulla energia prodotta bruciando minerali provenienti dalla terra, come carbone e petrolio, che non si riproducono più dopo il loro consumo. Questa trasformazione ha portato a produrre e utilizzare la natura in forma lineare cioè non riproducibile e senza possibilità di riciclo, riducendo sempre più le risorse naturali, non solo minerali, ma anche l’acqua che è l’elemento vitale più importante, consumando anche l’aria e inquinando il clima che reagisce con siccità, alluvioni ed epidemie virali ad esso collegate.

Nei nostri consumi quotidiani spesso non ci accorgiamo che distruggiamo risorse naturali non più riproducibili con sprechi, consumi inutili o dannosi, creando immensi cimiteri di automobili o computer.  Sono scaricate ogni giorno immense quantità di plastica negli oceani destinate a restare per secoli senza potersi degradare.

Non era così per le passate generazioni di contadini e artigiani in cui scuola, lavoro e vita erano una cosa sola, con al centro la terra da coltivare o le materie della terra (il legno, la pietra, il ferro) da lavorare per formare oggetti che non terminavano mai il loro utilizzo.  Tutta la vita ruotava attorno alla terra ed alla natura in movimento circolare, in cui ogni stagione ed ogni coltivazione succedeva alla precedente e preparava quella futura. Questo costituiva l’essenza del vivere e nutrirsi, partendo dalla terra in un circolo continuo; per scaldarsi e cuocere si bruciava la legna che non finiva mai, perché si piantavano sempre nuovi alberi. In realtà, in quei secoli prevalevano guerre, carestie e gravi malattie e pestilenze, ma quel tipo di vita ci può insegnare qualcosa che oggi dobbiamo cercare di realizzare.

In questa direzione  si aprono  esperienze molto positive quale l’azione di un imprenditore marchigiano illuminato come Enrico Loccioni, leader nei sistemi di automazione e controllo e in campo ambientale, che ha ispirato il suo impegno di imprenditore attento a non inquinare, a produrre energie rinnovabili, ad impedire lo spreco di materiali e di risorse energetiche ed al loro riutilizzo, partendo da quanto facevano i monaci e i mezzadri di un tempo che rispettavano strettamente questi obiettivi.

Da parte di tanti  si sta capendo l’importanza di un approccio non più lineare in tutte le nostre azioni a cominciare dall’avvio di una economia circolare, al posto dell’economia lineare, a livello industriale e di consumo,  partendo dal riciclo dei beni fisici, dalla progettazione senza scarti e per prodotti riutilizzabili (un elettrodomestico può vivere infinitamente con i necessari ricambi), dal riuso delle materie prime scarse con ricerca di  risparmio energetico nelle produzioni, nei consumi e nella logistica.

Ci sono segnali ancora deboli che vanno in questa direzione e ci sono anche crescenti crisi nei modelli di produzione, di lavoro, di vita e di consumo che hanno dominato gli ultimi due secoli. Occorre rafforzare ed accelerare il trend perché il tempo è limitato. La pandemia ha mostrato come la salute dell’uomo è strettamente legata alla salute della terra ed entrambe sono elementi fragili ed a grave rischio per l’umanità. Dobbiamo renderci conto che l’approccio circolare, al posto di comportamenti lineari, è naturale perché caratterizza la vita dell’universo, con il movimento di corpi rotondi ed anche tutta la nostra vita. La natura, di cui siamo parte, è circolare con processi che si ripetono, nascita, vita e morte senza interruzione, ma anche senza sprechi, tutto rimane in un processo circolare continuo. Il nostro corpo è circolare con flussi sanguigni che circolando continuamente ci consentono di vivere.

La linea retta inizia e finisce, mentre il cerchio non termina mai. Quindi è naturale non seguire più il modello lineare per promuovere una naturale economia circolare del riciclo, della difesa delle risorse naturali, combattendo lo spreco lineare, la distruzione della natura, la perdita della salute della terra assieme alla salute dell’uomo. Ma questo cambiamento verso la circolarità riguarda non solo la produzione ed il consumo di beni fisici, ma quello dei saperi che per loro natura sono circolari, non lineari. E’ fondamentale non sprecare i saperi, le conoscenze apprese, non disperderli, ma collegarli tra loro in cerchio e riutilizzarli durante tutta la vita, di ciascuno di noi e delle nostre organizzazioni.

I saperi, le conoscenze sono un patrimonio determinante di intere comunità, di territori, di società che devono garantirne la circolarità continua, la tutela conservativa e la diffusione tra tutti.  La scuola deve essere il principale motore della circolarità delle conoscenze e del cambiamento dal basso, della volontà libera di scambio di conoscenze tra i partecipanti. Ma l’insegnamento scolastico e universitario continuano invece ad operare in modo puramente lineare, a cominciare da un obbligo scolastico una tantum solo nei primi anni di vita, attraverso lezioni frontali ex cathedra, con esami e diplomi che si concludono senza seguito, senza dialogo circolare tra docenti e studenti e senza ricambio continuo di idee ed un apprendimento collettivo, con silos chiusi di saperi, senza collegamento interdisciplinare tra loro. Occorre invece puntare a scuole-laboratori operanti in forma circolare in cui l’apprendimento di conoscenze viene scambiato continuamente assieme alle attività pratiche, producendo cultura innovativa circolante all’esterno, agli ambienti-territori in cui si opera.  Ma tutto questo richiede di accettare e affrontare una sfida per un  cambiamento culturale condiviso da parte di tutti.

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