La motivazione lavorativa tra fattori igienici, motivanti e di alleanza attiva

di Gianluca Togna

Recruitment, Talent Development and Corporate Communication Manager – LFoundry a SMIC Company

La motivazione dei collaboratori è un tema sempre più dibattuto a livello internazionale e, in particolare nei momenti di crisi aziendale, è riconosciuta come fattore critico per il successo e per il superamento della crisi stessa (Mazze, 2016)

La motivazione umana: natura o cultura?

Motivati si nasce o si diventa? Il dibattitto tra Natura e Cultura sembra essere vivace anche in questo settore. E non vi è una risposta univoca. La motivazione dipende da una serie di fattori sia biologicamente innati, sia socialmente e culturalmente costruiti. Ne primo caso si parla di motivazione intrinseca, ovvero l’espressione innata di preferenze per certe attività per il semplice gusto di affrontarle, in assenza di qualsivoglia pressione esterna (De Beni et al., 2014); nel secondo di motivazione estrinseca, quel tipo di motivazione che spinge ad agire sulla base di una promessa di premi o minaccia di punizioni, guidata cioè da fattori esterni e sociali.

Deci e Ryan (1985) con la teoria dell’autodeterminazione offrono una brillante fotografia dell’equilibrio tra questi due tipi di motivazione. L’ambiente esterno può promuovere l’autodeterminazione (motivazione intrinseca) quando consente di soddisfare tre bisogni psicologici innati:

  • Competenza: sentirsi efficaci nell’esercitare le proprie capacità
  • Autonomia: possibilità di fare scelte in modo autonomo
  • Relazione: sentirsi integrati con gli altri

Al contrario l’ambiente può inibire l’autodeterminazione se favorisce la nascita di paure legate allo svolgimento di un compito, fornisce troppe direttive o sottolinea l’assenza di abilità.

La motivazione lavorativa

L’articolo di Herzberg del 1968 dal titolo “One more time, how do you motivate employees?” descrive la teoria dei fattori igienico-motivanti. Ha venduto oltre un milione di copie ed è l’articolo più richiesto della Harvard Business Review. L’autore sottolinea l’inutilità dei metodi di leadership centrati sull’obbligare le persone ad eseguire ordini (usa l’acronimo “KITA”, Kick in the Ass, educatamente tradotto in italiano con “calcio nei pantaloni” nel 1987) e parimenti dei metodi di incentivo economico per spingere i collaboratori a raggiungere obiettivi. Tutto ciò ha ben poco a che fare con i processi di motivazione, poiché si tratta di comportamenti attuati per ricevere un premio esterno o evitare una punizione che nella scia della psicologica comportamentista, vengono definiti movimenti.

La principale differenza tra movimento e motivazione sta, dunque, nell’innesco. La motivazione ha un innesco interno, è un motore autoalimentato attraverso il quale la persona trova le energie e la volontà di fare determinate cose seguendo l’intrinseco bisogno psicologico di crescere in competenza, autonomia e relazione.

Herzberg sostiene che insoddisfazione e motivazione non si trovano ai due poli di uno stesso continuum ma sono concetti distinti tra loro e dipendenti da fattori differenti. L’insoddisfazione lavorativa è regolata dai così detti fattori igienici, ovvero estrinseci al lavoro svolto, come:

  • la competenza della supervisione
  • le condizioni di lavoro
  • il salario
  • la sicurezza
  • la politica aziendale
  • il bilanciamento tra vita privata e professionale

Questi fattori se non appagati generano insoddisfazione, se appagati non porterebbero ad una maggiore motivazione, ma ad una assenza di insoddisfazione, determinando nei dipendenti solo azioni movimento.

La motivazione è regolata, invece, da altri fattori inerenti al contenuto del lavoro. I fattori motivanti sono tutti quegli aspetti che hanno a che vedere col lavoro in sé e che soddisfano i bisogni di competenza, autonomia e relazione:

  • i risultati raggiunti
  • il riconoscimento
  • la qualità del lavoro
  • l’autonomia decisionale

Nonostante siano passati oltre cinquanta anni, le teorie di Herzberg sono ancora oggi una pietra miliare degli studi di management e dovrebbero rientrare nel bagaglio formativo obbligatorio per ogni manager. Ancora oggi troppo spesso si tendono a confondere i fattori motivanti con quelli igienici generando disastri motivazionali e finte aspettative.

Oltre Herzberg

La letteratura più recente suggerisce un termine che sembra andare ancora oltre il concetto di motivazione lavorativa. È quello di alleanza attiva (Mazzei, 2010), ovvero un comportamento di comunicazione dei dipendenti (ECB – Employee Communication Behaviors) ad alto valore strategico per l’organizzazione poiché orientato a sostenere l’azienda nelle relazioni con i pubblici esterni e interni anche e soprattutto durante le situazioni di crisi aziendale (Mazzei, Kim, Dell’Oro, 2012). È ciò che Kim e Rhee (2011) definiscono positive megaphoning, ovvero la condivisione volontaria da parte dei collaboratori dei punti di forza organizzativi, delle informazioni positive e dei successi, comportandosi da veri e propri ambasciatori e alleati dell’azienda. Per capire l’importanza del tema, pensiamo al danno reputazione ed economico che hanno le aziende quando dipendenti, in modo organizzato, si comportano in modo contrario, cioè da “avversari”, cominciando a parlar male della compagnia sui social media (negative megaphoning). Vi sarebbero molti esempi da citare, ma per ovvie ragioni evito di farlo.

Gli autori hanno studiato gli antecedenti di tale comportamento di comunicazione che, anche durante la crisi (Mazzei A., Togna G., Lee Y., Kim J., 2016), deriverebbe da:

  • applicazione di strategie di comunicazione simmetrica, caratterizzate da ascolto reciproco, possibilità di dare suggerimenti e di partecipare ai processi di decision-making
  • qualità delle relazioni in azienda sia con i capi che con i pari, caratterizzate da fiducia di lungo termine, reciprocità, impegno e soddisfazione.

I collaboratori dunque possono agire come ambasciatori aziendali (megaphoning positivo) o avversari organizzativi (megaphoning negativo) a seconda della loro percezione della qualità del rapporto con l’organizzazione e della strategia di comunicazione interna adottata dall’azienda.

Considerazioni

Il concetto fondamentale da scrivere ora è che la “qualità delle relazioni con capi e pari”, volutamente non inserito nell’elenco relativo ai fattori igienici-motivanti di Herzberg, risulta in realtà essere classificato da Herzberg come un elemento principalmente igienico, anche se non esclusivamente.

È dunque possibile generare comportamenti di alleanza attiva, che superano il “semplice” concetto di motivazione lavorativa, senza considerare il peso dei fattori motivanti, intrinseci al lavoro stesso? Che ruolo hanno dunque questi fattori relazionali?

La classificazione qui proposta da me considera i fattori relazionali con capo e pari come igienici-ultra-motivanti (Togna G., Quaratino L., Mazzei A., Pellegrino M., 2018). È un neologismo usato per indicare la natura igienica-motivante delle relazioni ma anche il loro carattere ultra-motivante in caso di crisi, portando le persone ad attuare comportamenti di positive megaphoning ed alleanza attiva ad alto valore strategico per l’organizzazione poiché orientati a sostenere l’azienda nelle relazioni con i pubblici esterni e interni (figura 1)

La vera rivoluzione è che oggi la crisi è quasi un evento fisiologico e non un’eccezione. Il contesto è instabile, incerto e cambia continuamente: le aziende non possono essere colte di sorpresa. Per questo motivo, hanno bisogno di investire nelle relazioni e nel clima organizzativo, sempre e soprattutto durante la normale vita organizzativa affinché possano utilizzare tale “carburante emotivo” durante la crisi e trasformarlo in alleanza attiva. Al contrario, l’assenza di tale investimento sulle relazioni durante i periodi di normalità è una lama che può ritorcersi contro durante la crisi, generando megaphoning negativo.

A ogni manager la scelta di decidere cosa sia meglio…

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