Decoupling USA-Cina: le aziende costrette a rivedere le proprie strategie globali

di Gianluca Sampaolo

Docente di “Economia della Cina” all’Istituto Confucio dell’Università di Macerata

Le relazioni USA-Cina non sono mai state così tese dalla normalizzazione negli anni ‘70. L’ex segretario di Stato Henry Kissinger, l’architetto della “distensione”, ha di recente affermato che a meno che le due parti non raggiungano un accordo di collaborazione, un approccio più coordinato, il mondo avrebbe affrontato una situazione drammatica alla pari con un conflitto mondiale, se non per il fatto che una guerra può sfuggire al controllo molto più velocemente.

Se, il mese scorso Apple e Huawei hanno presentato i loro ultimi smartphone, qualcosa che non aveva nulla a che fare con le ultime tecnologie inserite nei gioielli delle rispettive case madri, incombeva sul lancio dei rispettivi modelli: il decoupling delle economie tra USA e Cina. Una nuova cortina di ferro, questa volta tra le due maggiori economie del mondo.

Le crescenti tensioni tra USA e Cina hanno accelerato il disfacimento della globalizzazione più rapidamente di quanto molti prevedessero anche un anno fa. La pandemia del Covid-19, il sentimento di ostilità anti-cinese che ne è seguito e il clima politico sempre più teso hanno alzato la posta in gioco.

L’intensificarsi del conflitto geopolitico tra i due colossi ha impattato fortemente su Huawei. Leader globale nelle apparecchiature delle reti di telecomunicazione e negli smartphone, Huawei è stata ostacolata dall’ordine esecutivo del presidente uscente Donald Trump, che vieta alle società statunitensi di stringere accordi commerciali con la società cinese o acquistare i suoi prodotti. A dar man forte, nonostante lo scetticismo iniziale, anche le principali nazioni europee hanno gradualmente appoggiato l’azione americana: Germania e Francia in primis hanno seguito le raccomandazioni dell’UE di evitare fornitori “ad alto rischio” per le loro reti 5G. Ci troviamo di fronte ad un’UE sempre più frustrata dal fatto che le promesse di Pechino di creare condizioni di parità per le imprese straniere in Cina non siano state mantenute. Ragion per cui secondo McKinsey, Bruxelles potrebbe addirittura limitare l’accesso al mercato unico se non ci saranno progressi entro la fine dell’anno. E sebbene la Cina abbia avanzato nuove proposte nell’ultimo ciclo di negoziati, è ancora lontana dal soddisfare le richieste europee.

Sul fronte Apple, le limitazioni imposte da Trump potrebbero avvantaggiare l’azienda di Cupertino. L’ultimo iPhone avrà funzionalità di rete 5G nel tentativo di aumentare la quota di mercato cinese, dove la tecnologia 5G è più diffusa che negli USA. Nonostante la Cina sia un mercato chiave per Apple, la società è sempre più in contesa con concorrenti locali che potrebbero conquistare ulteriormente l’interesse dei clienti cinesi. Si tratta di dinamiche che, nell’eventualità le tensioni geopolitiche dovessero aumentare, i dirigenti di Apple non possono ignorare.

Il decoupling andrebbe ad incentivare la formazione di due “containers” nelle dinamiche del commercio globale, oltre che geopolitiche. Due blocchi commerciali e due catene di approvvigionamento, uno alleato alla Cina e uno alleato agli USA. Ne risulterebbero importanti implicazioni per le aziende, sebbene i produttori di tecnologia sarebbero tra quelli più colpiti. Di fatto, la dipendenza reciproca tra i settori tecnologici statunitensi e cinesi è stata un fattore critico nel modo in cui il settore si è evoluto, soprattutto negli ultimi dieci anni. In sostanza, seppur non sia ancora nota la China Policy dell’amministrazione Biden, il decoupling costituirà uno spartiacque, una ancora più marcata polarizzazione.

Il recente inasprimento delle manovre politiche e il crescente slancio verso il decoupling stanno già spingendo non solo dirigenti americani e cinesi, ma le aziende di tutto il mondo a rivalutare le loro strategie globali, soprattutto nei settori tech. Ed è proprio questa fase in cui coniugare la volontà ed il bilanciamento di operare e fare business sia in USA che in Cina, vincere la concorrenza e allo stesso tempo proteggere la proprietà intellettuale, palesano meccanismi critici che devono essere ponderati meticolosamente.

Nell’ottica delle società statunitensi o più generalmente west-based che cercano di sostenere gli affari in Cina, definire una strategia pluriennale per lo sviluppo di prodotti orientati al mercato cinese assume un valore strategico. Una strategia basata sulla considerazione di una produzione “abbastanza buona” nel segmento target rispetto alle alternative locali. In tal senso, una valida opzione può essere quella di collaborare con un’azienda locale in Cina per ottenere l’accesso al mercato con un mandato che richiede acquisti da aziende locali. Un esempio chiave è rappresentato da Hewlett-Packard Enterprise, multinazionale americana che ha stabilito una partnership di successo con H3C, società cinese leader in soluzioni digitali, garantendosi l’accesso al mercato IT. Inoltre, l’acquisizione di assets o l’implementazione di nuovi modelli di business in segmenti in cui la Cina o altri paesi dell’Asia possiedono un vantaggio competitivo, come le apparecchiature 5G, permetterebbe un’ulteriore apertura del mercato. Un altro aspetto chiave riguarda il fatto che molte aziende stanno prendendo in considerazione un modello di value chain “Cina-plus-one”, per ridurre la dipendenza dai fornitori cinesi ed aumentare la resilienza in caso di shock. A riguardo, proprio lo scorso anno Apple stava esaminando la possibilità di spostare un terzo della sua produzione per alcuni dispositivi fuori dalla Cina.

Rispetto alle aziende cinesi, a seguito del grande slancio verso la Dual Circulation strategy promossa da Pechino, che sicuramente costituirà un punto nevralgico del 14esimo piano quinquennale, la massimizzazione in termini di crescita nel mercato interno è una tendenza che è lecito aspettarsi. Si tratta di una politica economica che garantisce di avere una solida base commerciale interna e di investire successivamente al di fuori della Cina diversificando sia in termini di investimento che in termini geografici. Siamo di fronte ad un meccanismo che nella prospettiva cinese permette di far fronte ad eventuali shock esterni e di mitigare i rischi geopolitici. Ad esempio, come riporta Reuters, nel 2018 Alibaba ha raddoppiato il suo investimento a 4 miliardi di US$ nel gigante dello shopping online del sud-est asiatico Lazada. E i marchi di smartphone cinesi come Oppo, Vivo e Xiaomi hanno ampliato le loro operazioni nei mercati europei e sudamericani negli ultimi tre anni.

Questi fenomeni definiscono un puzzle in cui le aziende globali si trovano costrette a formulare una strategia di contingenza. Sebbene nel breve termine, le tensioni tra i due colossi potrebbero non ostacolare molte di queste società che potrebbero trovare porte aperte sia in USA che in Cina, sul lungo termine, la marcia verso il decoupling avrà inevitabili implicazioni. Alcune aziende con sede al di fuori di USA e Cina hanno iniziato a gettare le basi per la localizzazione in entrambi i blocchi apportando modifiche alle loro value chains, ai prodotti, alla clientela e all’organizzazione aziendale. Se in un primo momento queste società sembrano poter muoversi con maggiore libertà rispetto alle controparti statunitensi e cinesi, l’ombra del decoupling indurrà maggiore incertezza a livello decisionale e strategico.

In definitiva e come in tutti i momenti di transizione che storicamente si sono verificati nello scenario geopolitico globale, le mosse giuste per continuare e sostenere la navigazione dipendono da molti fattori, sia endogeni che esogeni, difficilmente prevedibili. Grande responsabilità ricade sicuramente nelle aziende stesse e nei rispettivi settori industriali. Sarà essenziale e imprescindibile formulare strategie ragionate rispetto a ciò che è probabile che i governi di USA e Cina consentano. In una scenario in cui la globalizzazione sembra sempre più irreversibile, le complessità sono elevate, ma il premio è l’accesso continuo a un ampio mercato, non solo tecnologico, globale.

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